Io, Te, e Anastasia

Io, Te, e Anastasia

1 – Dicembre 2014

Da noi a quei tempi gli inverni erano rigidi. A volte la temperatura sfiorava i meno 273 gradi centigradi. A casa la caldaia funzionava a tutto spiano. Ma noi ci scaldavamo soprattutto con la fiamma del nostro amore. Eravamo giovani e curiosi e lo spettro visibile nonostante tutti i suoi simpatici colori ci sembrava davvero troppo angusto. E così spesso ci divertivamo a usare occhiali di genere diverso. Era davvero divertente vedere il mondo immerso nei raggi gamma o nei raggi x, nei raggi ultravioletti (come lo vedevano le farfalle) o nelle radiazioni termiche, nelle microonde o nelle onde radio. La materia oscura, che assieme all’energia oscura costituiva il novanta per cento dell’universo e che faceva andare in tilt il modello standard della fisica delle particelle elementari, puntualmente la domenica a mezzogiorno spaventava la nostra gatta Anastasia (che, come era tipico dei mici, inarcava le schiena, su cui le si rizzava il pelo fulvo, sfoderava gli artigli, soffiava). Ma le crocchette al pesce azzurro e riso Almo Nature Holistic qualità Premium che le versavamo immantinente nella ciottola avevano il potere di sedarla e farle fare frr frr. A quei tempi ci chiedevamo se nel futuro prossimo venturo Violetta avrebbe fatto la fine di Hannah Montana, gettando nello sgomento un’intera generazione di fan. E anche se Katy Perry e Taylor Swift avrebbero mai fatto la pace. (Le due, dopo essere state amiche, erano diventate nemiche. Perché secondo la Swift la Perry, nel 2013, aveva tentato di sabotarle il tour portandole via dei suoi ballerini storici e ingaggiandoli per il Primatic Tour. Dopodiché – per vendicarsi – la Swift aveva dedicato alla Perry la canzone Bad Blood. E l’anno dopo (noi non potevamo ancora saperlo) la Perry durante la sua trionfale esibizione al Super Bowl, per vendicarsi a sua volta e canzonarla, avrebbe fatto indossare alle sue ballerine un costume da bagno intero a pois di ispirazione anni cinquanta, esattamente come quelli che amava la cantante di Shake It Off)). Altre cose ancora che ci chiedevamo era se al CERN sarebbero mai state trovate le prove dell’esistenza di qualcuna delle microdimensioni necessarie per avvalorare la teoria delle stringhe. Oppure se, per contro, in qualche modo, si sarebbe potuta dimostrare sperimentalmente la realtà delle quantità discrete di energia che secondo la teoria della gravità quantistica costituivano il campo gravitazionale, cioè dello spaziotempo. Tra l’altro passavamo molto tempo a guardare sul canale sportivo esibizioni di pattinaggio su ghiaccio e a preparare gustosissime torte di cui eravamo ghiotti. Ma la cosa che di certo ci piaceva di più ‒ soprattutto quando fuori imperversava qualche tipo di apocalisse ‒ era starcene sul divano a scompigliarci i capelli e a baciarci fino ad arroventarci e sbucciarci le labbra.

2 – Gennaio 2015

E mi parlavi ontologicamente mentre ti incipriavi il naso davanti allo specchio e io ti rispondevo assiologicamente cambiando la terra dell’anthurium bianco. La luce invernale che entrava dalla finestra ti investiva, smangiando i contorni alla tua figura, facendoti sfavillare la chioma e rendendoti quasi irreale. La nostra micia Anastasia fissava (probabilmente) un varco nello spaziotempo. Dei topi a volte ci passavano (ne eravamo quasi certi) e si rimpinzavano dei nostri formaggi svizzeri (da noi di topi non ce n’erano!). Tu a volte mi sembravi Cleopatra e io in quei casi mi sentivo uno scriba della biblioteca d’Alessandria, grato per il sincretismo ellenista, e che vergava un papiro dopo l’altro (per raccontare di te). La fine del regno dei Tolomei era alle porte (supponevo) e l’ecpirosi della biblioteca (Wikipedia) era dietro l’angolo (di conseguenza). Ma per noi un secondo si dilatava all’infinito. I giorni duravano una vita. Anastasia non smetteva di fissare la radura dell’essere.

9 – Marzo 2015

Ogni volta che mi spostavo per una cosa qualunque – irrazionalmente, per energia in esubero, come un bambino –, lo facevo correndo. Perciò, a causa della teoria della relatività speciale di Einstein, il mio tempo rispetto al tuo rallentava e, così, io ti apparivo più giovane di quanto avrei dovuto esserlo. Mentre io vedevo quell’increspatura simpatica sulla tua fronte farsi velocemente più marcata. Nelle tue vicinanze, venendo catturato dalla curvatura che le tue curve imprimevano alla spaziotempo attorno a te, deceleravo.

«Cosa leggi?» ti chiesi domenica primo marzo alle 13:47.

«Che il teologo Rosmini diceva che “il divino è tutto ciò che non ha limiti e che è perfettamente immateriale”.»

«E tu cosa ne pensi?»

«Che l’universo molto probabilmente è “aperto”, cioè infinito. E che non c’è niente di più immateriale della materia ‒ solo illusoriamente solida, costituita da pacchetti d’energia infinitamente piccoli, letteralmente inesistenti – in un limbo probabilistico – e poi, all’improvviso, a sorpresa, presenti, nel momento di qualche loro relazione.»

«Perciò?»

«Perciò tutto questo è divino». E facesti un vago gesto con la mano per indicare le cose attorno. «“Luce condensata”!»

E io più guardavo te e la tua ruga d’intelligenza sulla tua fronte spaziosa incorniciata dai lunghi capelli castani e più mi convincevo che fosse vero. La nostra gatta Anastasia guardava sullo schermo del PC Piero Angela che parlava del gatto di Shrödinger. Sotto il segno dei Pesci era come nuotare dentro un latte leggero leggero, dolce e puro. Un germoglio nel mio cuore si faceva strada lentamente verso la primavera. Tu, in primavera, rifiorivi ogni volta. Ti sparivano dalla pelle i segni del tempo. Mettevi gli ombretti azzurri più belli. E i tuoi occhi scintillavano a celebrare (citando un brano di Jovanotti dell’album che sarebbe stato pubblicato alla fine di febbraio di quell’anno) il fatto che ora noi, lì, eravamo gli immortali.

14 marzo 2015

Come previsto dalla relatività generale di Einstein, per le nostre due teste il tempo scorreva più velocemente rispetto a quello dei nostri piedi scalzi le cui piante aderivano al pavimento di piastrelle di cotto. (E ancora più celere era, per esempio, quello dei GPS lassù in alto sopra di noi in orbita geostazionaria.) Ma le nostre labbra incollate, trovandosi alla stessa distanza del centro della Terra, erano perfettamente sincronizzate e quindi la cosa non ci procurava alcun fastidio. Lo spazio vuoto negli atomi che costituiva la quasi totalità delle nostre labbra (e di tutta la materia) ci dava un po’ le vertigini. Paragonando il nucleo di un atomo (in cui era concentrata il 99.97% della massa atomica) a un’utilitaria parcheggiata in un strada del centro di Londra, la regione occupata dagli elettroni attorno al nucleo aveva l’estensione dell’intera città inglese. Insomma, tenendo conto di tutta quella vacuità, mentre ci baciavamo, saremmo dovuti sprofondare l’uno nell’altro. (Idea che pure aveva un suo fascino.) Tuttavia le tue labbra erano molto concrete e, senza dubbio, la cosa più morbida e piacevole che potesse esistere. E ciò grazie ai campi elettrici che si estendevano tra una particella e l’altra degli atomi che le costituivano, generatori di una dolcissima ma decisa repulsione elettrica che si contrapponeva a quella delle mie. E così io ringraziavo i campi elettromagnetici e, già che c’ero, anche James Clerk Maxwell che nel 1864 aveva unificato elettricità e magnetismo e Louis de Broglie per aver dimostrato settant’anni dopo la natura ondulatoria dell’elettrone. Anastasia, che non voleva (per colpa di Einstein) arrivare in ritardo al momento in cui noi due ci saremmo scollati l’uno dall’altra per guardarci negli occhi come due tonti, dal pavimento, saltò su uno sgabello, dalla sgabello a un tavolino e dal tavolino sulla tua testa, su cui si appollaiò senza farti alcun male (grazie ai suoi artigli ad alta precisione e alla tua chioma arruffatissima dopo le nove ore passate a letto in parte a dormire e soprattutto a fare l’amore). A quel punto ci staccammo l’uno dall’altra e io ti ammirai con indosso il tuo colbacco-gatto che ti donava davvero un sacco.